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APPROFONDIMENTI

 

Questa settimana puntiamo l'attenzione su...

 


 

 

Eva-Maria, nella tradizione dei Padri

(27 giugno 2010)

 

Dall'immagine del Pantocrator alla “Maestà”

Cristo è immagine di tutta la perfezione cristiana, universale. Eppure nella pittura distinguiamo il Cristo spagnolo, fiammingo, italiano... Sotto vari aspetti appare anche l'immagine di Maria e ciò già dai primi tempi. Nell'età patristica è utile, distinguere, anche se in modo schematico, l'opposizione o la comparazione fra la mentalità greca e semitica. Vediamo come essa si manifesta nel nostro caso.

Quando guardiamo le prime immagini di Cristo che non sono solamente simboliche, come nelle catacombe, notiamo che è rimasto per lunghi secoli predominante il tipo di Cristo Pantocrator, Dominatore del cielo e della terra, seduto sul trono imperiale. Questo tipo di immagine è rimasto nelle volte delle cattedrali per molti secoli. Ai popoli neoconvertiti dal paganesimo bisognava in primo luogo mostrare la verità che Cristo è il vero Dio da Dio vero, Figlio del Padre. Inoltre i cristiani, appena usciti dalle persecuzioni degli imperatori romani, volevano provare che il vero governatore del mondo è Colui che essi hanno crocifisso ed è a Lui che appartiene la potenza e la gloria per tutti i secoli. Ma in seguito, forse dal secolo VI, appare una nuova variante. Sul trono imperiale siede la Madonna e Gesù, in forma diminuita di un bambino, ma coi tratti di un adulto, benedicente il mondo, stando sulle ginocchia della Madre, più che sedendo su di esse. Nelle pitture italiane del rinascimento quel tipo viene chiamato “Maestà”. Dal punto di vista teologico quella immagine significa un certo progresso del pensiero cristologico.

All'inizio, come abbiamo detto, l'accento era messo soprattutto sulla divinità di Cristo, del Logos. Ivi l'aspetto mariologico sembrava perdere l'attualità. Ma progressivamente i cristiani dovevano specificare la funzione dell'Umanità di Cristo. Il Cristo è Pantocrator come Dio-Uomo. Egli ha meritato la Sua regalità per mezzo della Sua opera di Redenzione del mondo. Il Verbo di Dio divenne uomo per mezzo della nascita da Maria.

Iconograficamente lo si può esprimere in modo che Ella appaia come il trono sul quale il Logos siede in forma umana.

 

L'evoluzione personale di Origene

Questa evoluzione del pensiero patristico si può notare già in Origene. Il centro della sua riflessione cristologica è Cristo - immagine del Padre. Va da sé che Egli è Immagine come Logos; a Origene sembrò che lo è solo come Logos, non come Uomo-Dio. Ciò quadrava bene coi presupposti platonici. Ivi l'insegnamento sull'immagine aveva una grande importanza per stabilire il nesso fra i diversi esseri, come pure sui Padri esercitava un influsso decisivo. Ma vi era una restrizione in questo senso: come la realtà invisibile può avere la sua immagine invisibile, ugualmente la realtà visibile si riflette in un'altra realtà visibile; ma non può esistere una immagine visibile di una realtà invisibile. Le cose materiali sono tutt'al più “ombre” delle idee. Conseguentemente Cristo è Immagine del Padre come Logos, non come uomo [1] . Ma non contraddice questa affermazione il testo esplicito di San Paolo che chiama Cristo «Immagine di Dio invisibile» ( Col 1,15)? Origene sa salvarsi dalla difficoltà e legge il testo paolino in modo seguente: Cristo è «immagine invisibile del Padre».

L'interpretazione è, evidentemente, artificiale, ma Origene ne traeva anche le conseguenze pratiche per la vita spirituale. Siamo stati creati «secondo l'immagine e somiglianza di Dio» ( Gn 1,26-27). Così infatti si legge nei Settanta in greco e nella Volgata latina: creati non come immagine, ma “secondo immagine”, cioè secondo un prototipo originale. L'immagine primaria di Dio è Cristo, noi siamo fatti “secondo” Lui, dobbiamo imitare Lui. Ma se Egli è immagine come Logos, la vita cristiana consiste nel realizzare le virtù del Verbo divino, in specie la Sua contemplazione, la Sua saggezza, la Sua conoscenza del Padre.

Così vedeva il problema Origene all'inizio. Ma progressivamente intervenne un cambiamento nella sua opinione. Si rese conto che come uomini dobbiamo imitare soprattutto Cristo come Uomo, anche nelle debolezze della Sua passione. Senza l'Umanità del Salvatore la nostra propria salvezza e la perfezione è impensabile [2] . Ma Cristo divenne Uomo per mezzo di Maria. Origene ne trasse le necessarie conseguenze e divenne uno degli importanti autori mariologi fra i Padri [3] . Lo seguono i suoi successori, dottori della Chiesa di Alessandria, Sant'Atanasio, San Cirillo Alessandrino, i Cappadoci e tanti altri. Allora concludiamo: le riflessioni teologiche su Maria aumentano nei Padri con il progresso della cristologia che concentra la sua attenzione sulla verità dell'Incarnazione, sulla divino-umanità di Cristo. Tale è si può dire, in linea molto generica, la tendenza dei Padri legati alla “tendenza greca”. Ma vediamo ora quell'altra che continua la tradizione semitica.

 

La dottrina della ricapitolazione

Possiamo quindi dire che la mariologia, nell'ambiente ellenistico, significa il superamento dell'idealismo e la scoperta che il cristianesimo è il messaggio per la vita concreta. Gli autori che erano più vicini alla tradizione semitica della Bibbia, non avevano bisogno di questa scoperta. Essi erano pienamente convinti che Dio si rivela e opera nella storia. La storia della salvezza è la vita coerente, vi è un continuo progresso, ma le fasi seguenti sono intimamente connesse con ciò che ha preceduto. L'Incarnazione del Verbo è senza dubbio un fatto unico, eppure è compimento e perfezionamento della prima creazione. Quest'aspetto, nella letteratura patristica, ricevette un termine tradizionale: la ricapitolazione.

Ricapitolare significa letteralmente riprendere di nuovo. Sia la Bibbia sia i Padri presentano la Redenzione portata da Cristo all'umanità con questo termine: si riprende di nuovo la prima creazione, l'opera del Salvatore è una ricapitolazione (anakephalaiosis) della storia. Il termine è divenuto importante nella letteratura patristica, dal tempo di Sant'Ireneo che lo fa suo. J. Daniélou così ne precisa la nozione: «Si tratta di un nuovo principio ( kephalé ) che è una ripresa del principio primo». In che consiste questa ripresa? Mostra un doppio aspetto: «Si ristabilisce l'ordine violato (è l'aspetto di riparazione del peccato)», ma questo non è tutto; si aggiunge di più, «Si supera l'abbozzo iniziale (è l'aspetto di compimento )». Da ciò si conclude che vi è una rassomiglianza fra la prima situazione e la seconda, una coerenza. Ireneo usava questo argomento contro gli gnostici che volevano radicalmente separare l'Antico Testamento dal Nuovo. [4]

Ne segue una conclusione inevitabile per la mariologia. Nella prima storia del mondo, Adamo, primo uomo, è inseparabilmente unito ad Eva, prima donna. Anche il nuovo Adamo, Cristo è accompagnato dalla “nuova Eva”, Maria.

 

Maria nuova Eva

Le prime testimonianze patristiche relative al tema “Maria Nuova Eva” appaiono già nel II secolo, come per es. nelle opere di San Giustino Martire [5] . Ma con Ireneo si raggiunge la formulazione che resterà classica. L'opera salvifica di Cristo è la ripresa della prima creazione sul piano superiore. L'antitesi Eva/Maria ne fa parte essenziale. Ireneo la illustra a più riprese e ne sottolinea i seguenti punti:

Eva è vergine decaduta / Maria è vergine che ricapitola Eva.

Eva è vergine sedotta dall'angelo ribelle / Maria è vergine evangelizzata dall'angelo fedele.

Eva è vergine disobbediente / Maria è vergine obbediente.

Eva è vergine condannata, causa della morte / Maria è causa della salvezza.

Eva genera nella corruzione e nel dolore / Maria genera senza corruzione e senza dolore [6] .

Si notino bene i due aspetti o elementi essenziali della ricapitolazione: somiglianza e differenza, restaurazione e superamento o compimento rispetto alla creazione decaduta. Sulle tracce di San Paolo i Padri sottolineano con forza ambedue aspetti. Parliamo prima delle somiglianze, come le vedono i Padri.

La donna è ontologicamente il “tu” complementare dell'uomo

L'essere umano, l'uomo come immagine di Dio, non è tutto nel vir , ma consta del vir e della mulier , presi insieme. Questo è il senso della narrazione di Gn 1-2 e delle affermazioni patristiche della tendenza di cui ora ci occupiamo. La natura è unica, ma divisa in due sessi. La mulier non è un duplicato del vir , ma il suo complemento essenziale. Lui ha bisogno di lei per nascere, per vivere, per generare, per creare la storia. La donna dà il suo contributo sociale soprattutto come madre e sposa. Nella trasmissione della vita si ha la piena evidenza del significato complementare della donna [7] .

L'aspetto cristologico di questo fatto è palese. Il Salvatore, per apparire sulla terra, doveva nascere da Maria. In tal modo Maria è la seconda Eva, anzi la vera Eva, perché è la nuova Madre. Dice Nilo di Ancira: «Eva, formata con la costola di Adamo, fu data a lui in isposa “come aiutante per la generazione dei figli”, e come congeneratrice fu benedetta insieme al primo uomo» [8] . Ricordiamo, in quest'occasione che la Bibbia spiega la generazione degli esseri viventi appunto con il fatto che Dio li “benedisse” ( Gn 1,28).

La caduta con le sue conseguenze ebbe un fatale riflesso sulla missione materna della donna. Divenuta impura lei stessa e ricevendo il seme di un impuro, Eva generò una prole corrotta destinata a morire [9] . A Eva, madre peccatrice di figli peccatori, si contrappone nell'era della salvezza Maria, la nuova Madre, ricapitolatrice della missione materna della prima donna.

La Maternità mariana è anzitutto una maternità vera e propria come quella di Eva. Cristo è «figlio dell'uomo sia a causa di Adamo che a causa della Vergine, dai quali nacque: da quello in quanto progenitore, da questa in quanto madre, secondo la legge [dello Spirito] [10] e non secondo la legge della generazione» [11].

La Maternità di Maria è quindi vera maternità, anche se è meravigliosa, eccezionale, quanto al suo modo. La “Vergine incinta” è “il mistero sbalorditivo”; il parto della Madre di Dio fu “straordinario, inopinato” [12] . Il Signore “aprì il seno immacolato” e ne uscì senza infrangere “i sigilli della verginità” [13] . Eppure questi segni non diminuiscono la maternità, al contrario la perfezionano, perché con essi cresce la similitudine e l'unione con il Figlio.

 

La sposa

La Bibbia esprime la complementarietà della donna anche con un altro termine: essa è la sposa del suo uomo. I testi biblici, nati nell'ambiente semitico, insistono soprattutto nel fatto che essa deve essere subordinata al marito. La dipendenza da lui è soprattutto nell'agire, lui rimane capo e agente principale [14].

Se queste affermazioni urtano contro le concezioni moderne sulla parità dei due sessi, possiamo mitigare il loro senso dicendo che si tratta soprattutto di mettere in rilievo che l'attività del marito e della moglie sono comuni, intimamente legate, sono quasi una sola azione.

Nel senso spirituale, la superiorità di Cristo sulla Chiesa e sulle anime non ha difficoltà. Ma anche qui insistiamo soprattutto sul fatto che sia la Chiesa sia i singoli cristiani portano il carattere di una “sposa”, devono essere consapevoli che la loro azione e il loro lavoro è il lavoro comune con Cristo.

Per il contesto mariologico notiamo almeno un testo di Proclo: «Le parole “ facciamo un'aiutante conforme a lui ” ( Gn 2,18), sono state pronunciate all'indirizzo di lei (Eva), ma sono state adempiute da questa (Maria)» [15].

 

L'antitesi Eva-Maria

Il parallelismo fra Eva e Maria, così fruttuosamente sviluppato, sembra essere distrutto da una comparazione opposta. Eva che seduce il primo uomo al peccato non è forse del tutto contraria a Maria che collabora con la grazia? Non vi è dubbio che vi è una opposizione, la quale viene anche dai Padri espressamente notata. Bisogna però rendersi ben conto in che punto questa differenza interviene. Non tocca direttamente la relazione stretta fra Adamo e Eva, Cristo e Maria. L'opposizione rispetta direttamente il primo atteggiamento personale di ambedue le donne. Eva dà retta alla voce di Satana, Maria ubbidisce allo Spirito Santo.

Da ciò deriva il seguente parallelo: Satana - Eva - Adamo - Spirito Santo - Maria - Cristo. I due trinomi, correlativi e antitetici, presentano gli attori dei due rispettivi drammi della rovina e della salvezza del genere umano. In ambedue casi il nesso intimo fra la donna e l'uomo è inseparabile, lavorano insieme sia per la perdizione sia per la salvezza. L'opposizione diretta è fra Satana e Dio.

Analogicamente alla caduta, la Redenzione ha una struttura composita, una duplice dimensione: la dimensione divina e la dimensione umana. La Redenzione è dunque un'opera divino-umana. Nella dimensione umana appare per così dire la natura bisessuata della nostra stirpe. Così fu nella creazione, nella caduta e così è anche nella Redenzione.

La storia della salvezza registra ripetutamente la presenza operante della donna nella determinazione delle sorti umane. L'antitesi Eva/Maria dice cooperazione femminile ai destini umani, nel senso che le due donne operano al fianco dei due Adami e partecipano della loro causalità storica.

I testimoni patristici sono numerosissimi. Citiamo di nuovo Nilo di Ancira. Egli ricorre spesso al tema delle due Eve, che si richiamano a vicenda, come si richiamano a vicenda Adamo e Cristo. Eva è il tipo, Maria l'antitipo. «La seconda (donna) cioè la Madre di Dio» dimostrò una sapienza ben superiore a quella de «la prima donna» [16] . Lo si vede dall'effetto che ne deriva: il coprimento della nudità spirituale con «le vesti dell'incorruttibilità» [17] . Questi pensieri di Nilo li troviamo anche nel Panarion di Epifanio [18] , dove anch'egli sviluppa esplicitamente l'antitesi fra Eva disobbediente e Maria obbediente.

Maria redenta e Corredentrice

Ma Maria non è forse anch'Essa figlia di Eva peccatrice? Aveva quindi bisogno della Redenzione anch'Essa. Come conciliare le due affermazioni? Maria è redenta e Maria è Corredentrice. In quanto redenta da Cristo, Maria si rivela creatura ricettiva, graziata, oggetto di Redenzione.

Questo fatto bisogna mettere in rilievo contro le obiezioni dei teologi ortodossi contro il dogma dell'Immacolata concezione, i quali suppongono che in tal caso Maria non avrebbe bisogno della Redenzione di Cristo. Nessun cristiano mette in dubbio che tutto ciò che Maria è e opera è frutto della grazia divina. La grazia però non è un dono morto. È la vita e la vita significa attività, operazione. Inoltre è la partecipazione alla vita di Cristo. Ha dunque gli stessi caratteri: è redentrice. Possiamo, quindi, distinguere due momenti logici: Cristo redime Maria e, insieme con Lei, redime il resto dell'umanità.

Ambedue elementi sono espressi nell'insegnamento patristico sulla ricapitolazione. Nella prima creazione Eva sorge dal costato di Adamo, ha origine in lui per opera del Creatore. Ma subito dopo diviene la sua compagna inseparabile per iniziare la vita sulla terra. Nel secondo periodo del mondo, il Nuovo Adamo - Cristo sta davanti agli occhi di Dio già perfetto ed è per i Suoi meriti che Maria - Nuova Eva sorge Immacolata per divenire la Sua Compagna nell'opera. In seguito, misticamente, la Chiesa nasce dal Costato trafitto di Gesù sul Calvario, per continuare nella storia il mistero.

Roschini nel Dizionario di Mariologia [19] cita un bel testo di Ambrogio Caterino: «Dio ha fatto l'uomo in tre modi diversi: il primo, Adamo, fu formato per volere divino, semplicemente dal grembo della terra e con materia terrestre; il secondo, Eva, fu plasmato da Adamo dormiente; la specie umana poi viene riprodotta col concorso dell'uomo e della donna. A questo triplice modo corrispondono, nel campo spirituale e soprannaturale, altrettanti interventi divini: Cristo viene generato con mirabile azione diretta di Dio dal seno di Maria; Maria ha la Sua propria origine spirituale e soprannaturale dal Costato di Cristo, spirato sulla croce, e tutti gli altri uomini nascono da Cristo e da Maria, i quali, pur essendo ambedue completamente senza macchia - Maria lo era, però, per merito di Cristo - presero sopra di sé i nostri peccati e meritarono, con i Loro patimenti, la nostra salvezza. Anzitutto, e principalmente, Cristo come Uomo, e poi, come Donna, la Vergine stessa» [20] .

Qualcosa del genere è già insinuato da Sant'Ambrogio di Milano: «Non c'è da meravigliarsi che il Signore che doveva redimere il mondo, cominciò la sua opera da Maria: se per mezzo di Lei si apprestava la salvezza a tutti gli uomini, essa doveva essere la prima a cogliere dal Figlio il frutto della salvezza» [21] .

Essere redenta e Redentrice sono in Maria elementi inseparabili: la salvezza della Vergine precede nel tempo e supera per grado quella di tutti i salvati, perché Ella possa essere la degna Socia del Cristo Nuovo Adamo: come Eva è da Adamo e per Adamo, così Maria è da Cristo e per Cristo.

La cooperazione di Maria con Cristo nella Sua vita terrestre

Quando si deve dire in che cosa consisteva la cooperazione di Maria con Cristo, si devono considerare specialmente tre momenti o misteri: l'Incarnazione, la Morte, la Risurrezione. Vi è una certa differenza fra i Padri antichi e gli autori spirituali più recenti. All'inizio, come è naturale, si doveva insistere sulla funzione di Maria nel mistero natalizio. Non vi è minimo dubbio sulla cooperazione di Maria nel mistero dell'Incarnazione. Come Madre di Dio Incarnato, Maria ha il diritto di essere chiamata Corredentrice.

Ma la Redenzione è frutto di tutta la vita terrestre di Gesù. Bisogna, quindi, considerare la funzione di Maria anche nel mistero pasquale: morte e resurrezione. I libri di devozione più recenti propongono spesso le meditazioni come la Madonna ha sofferto con Cristo sofferente, accompagnandolo sulla via crucis , stando sotto la croce. Ugualmente ad Essa si attribuisce la prima apparizione di Cristo risorto. Per sviluppare il tema si usano motivi psicologici: l'unione delle menti comporta l'unione delle sofferenze e delle gioie.

Il pensiero dei Padri è più sintetico. Essi vedono un nesso strettissimo tra Incarnazione, Morte e Risurrezione e nel primo mistero vedono già attuato l'intero ciclo dell'opera redentrice. Compariamo, sotto quest'aspetto le tradizionali icone della Natività con i presepi delle nostre chiese. Sulle icone la Madre di Dio appare già come Madre dolorosa, come quella che, con istinto materno, prevede la passione e morte del Bambino, deposto nel presepio in forma di una tomba e fasciato come morto. Ciò è una testimonianza dell'atteggiamento dei Padri. Maria è contemplata prevalentemente nel mistero natalizio. Prevalgono le meditazioni sul Fiat rispetto all'attenzione medievale concentrata sullo Stabat Mater .

Solo quando le meditazioni delle persone devote si sono spostate nei dettagli particolari su tutti i misteri della vita di Cristo, allora anche la presenza mariana in essi è divenuta sempre più oggetto di considerazioni. Nella tradizione greca l'interesse per la compassione di Maria ai piedi della croce è attestato soprattutto da Giovanni Geometra, mistico della fine del secolo X [22] e successivamente, nel secolo XIV, da Nicola Cabasilas: «A quanta infamia essa partecipò..., divenne socia del Figlio per la mia salvezza... Davvero, quando il Salvatore dovette patire crudelmente, quanti dolori sentiva anch'Essa!» [23] .

 

Maternità spirituale - Maria e la Chiesa

I due momenti della teologia patristica, espressi coi termini “madre e sposa” di Cristo, vengono organicamente trasferiti al mistero del Cristo mistico. Si vede, quindi, la relazione analoga: Maria appare come “Madre della Chiesa” e come collaboratrice dell'opera della salvezza nella storia, Corredentrice.

Maria occupa nella Chiesa un posto privilegiato. A causa della Sua Maternità perpetua Essa rimane attraverso la storia “l'aiutante conforme a lui”, cioè a Cristo Capo. Esercita quindi la Sua collaborazione con la Sua opera attraverso i secoli. Si può quindi dire che Maria è ecclesioforme, immagine dell'umanità redenta e, d'altra parte, che la Chiesa è marioforme perché la Vergine continua a generarla a propria immagine e somiglianza.

La Chiesa, a somiglianza di Maria, è anche Vergine immacolata, Madre spirituale, Nuova Eva. Si continua attraverso la storia «il disegno divino di associare la creatura all'opera della salvezza» [24] , Maria coopera, come socia personale, con il Cristo storico.

Quando i Padri accentuano la Sua Maternità universale, la Sua azione salvatrice al fianco del Cristo storico, non fanno altro che affermare la dipendenza della Chiesa da Maria, ontologicamente e nell'operazione.

Uno dei primi che offre l'elaborazione della Maternità spirituale di Maria è Epifanio: «Questa (Maria) è colei che certamente viene significata in Eva, avendo ricevuto in figura il nome di madre dei viventi ( Gn 3,20). Là, infatti, è stata chiamata madre dei viventi dopo aver udito in seguito alla trasgressione: “Sei terra e in terra tornerai” ( Gn 3,19). Ed era strano che, dopo la trasgressione, ricevesse questa grande denominazione. Veramente, quanto alla realtà sensibile, tutti gli uomini sulla terra sono nati da quella Eva. Qui invece, quanto alla verità, da Maria è nata la vita stessa per il mondo, affinché Maria generasse un vivente e divenisse così madre dei viventi. In figura dunque Maria è stata chiamata madre dei viventi» [25] .

Per Epifanio, come si nota, il fondamento teologico della Maternità spirituale è dato dal mistero dell'Incarnazione: generando il Cristo-vita, Maria genera tutti coloro che vivranno nel Cristo. La Maternità verso il Cristo-Capo implica la Maternità verso il Cristo membra [26] .

Questa dottrina sarà ripresa, nel secolo seguente da Nilo di Ancira: «La prima Eva fu chiamata vita ( Gn 3,20 LXX) in figura per significare la seconda, cioè la santa Maria, colei che generò la vita degli uomini: Cristo, il Signore della Gloria ( 1 Cor 2,8). E costei appunto è, in verità, mostrata madre di tutti coloro che vivono secondo il Vangelo e non muoiono nelle loro anime per la loro incredulità» [27] .

Il brano, conciso ma denso, contiene elementi dottrinali di grande valore. Il pensiero si sviluppa sulla base della tipologia biblica. La Maternità spirituale di Maria è contenuta in Gn 3,20 letto alla luce del Nuovo Testamento come un dato rivelato. Il rapporto tipologico tra le due donne è particolarmente espressivo. Esso sta a dire che la prima Eva è in funzione della seconda. Dio creando Eva preparava e preannunziava Maria: la vera Eva, cioè la vera Madre dei viventi. Maria supera di tanto Eva di quanto la prima realtà supera la figura. In Lei si realizza la pienezza della maternità. È Madre in senso universale, perché ha generato Cristo che è “la vita degli uomini”. E Madre dei credenti in Cristo, dei cristiani, Madre di Cristo mistico. Cristo fa l'umanità partecipe delle Sue cose. «I credenti» in Lui, la Chiesa, formano «un solo corpo e un solo spirito» [28] .

Da queste poche righe risulta chiaro che da una parte il mistero della Chiesa segue quello di Maria e d'altra parte la dottrina e la pietà mariana appartengono, come dice V. Losskij, proprio a questo mistero che la sola Chiesa ci rivela. «Se l'insegnamento sulla Madre di Dio appartiene alla tradizione, non è che attraverso l'esperienza della nostra vita nella Chiesa che noi potremo aderire alla devozione senza limiti dedicata dalla Chiesa alla Madre di Dio. E il grado di questa adesione sarà la misura della nostra appartenenza al Corpo di Cristo» [29] .

A coloro che si sentono imbarazzati dalle scarse notizie sulla Madonna nella Sacra Scrittura, risponde lo stesso autore: «Al di fuori della tradizione della Chiesa la teologia resterà muta su questo soggetto e non potrà giustificare questa gloria sorprendente (di Maria)». Il dogma della Madre di Dio è «essenzialmente una realtà ecclesiologica».

Non sorprende, quindi, che la venerazione della Madre di Dio, sin dall'inizio fu considerata come segno certo dell'ortodossia: «perciò le comunità cristiane che rigettano ogni nozione di tradizione resteranno anche estranee al culto della Madre di Dio» [30] .

Una testimonianza iconografica

Con le sue forme tradizionali, le icone riflettono l'antico insegnamento patristico. Il tema Maria-Chiesa è molto bene sviluppato sull'icona dell'Ascensione. Una di tali icone si trova nella galleria di Tretjakov a Mosca, proviene dal secondo quarto del secolo XV. Lo stile è della scuola di Mosca. Un esperto la presenta in questo modo: «L'autore dell'icona fece uso di una proris (disegno-modello) di Rublev e occupa un posto intermedio tra Rublev e Dionisio. L'icona rivela chiaramente l'amore dell'artista per la bella linea, per le combinazioni cromatiche d'effetto e per la ricerca fine e meticolosa dei volti» [31] . Si tratta quindi di un capolavoro artistico. Eppure gli specialisti che lo interpretano rimangono schiavi delle analisi formali e tralasciano il senso dogmatico-spirituale.

Le icone delle feste generalmente sono una riproduzione visuale dei testi liturgici del giorno. Il kontakion dell'Ascensione dice: «Compiuta l'economia divina che ci riguardava e uniti gli abitanti della terra e quelli del cielo, ti sei elevato al cielo nella gloria per dimorarvi eternamente, e ora dici a quelli che ti amano: “Io sono con voi e nessuno prevarrà contro di voi”» [32] . Si annuncia dunque la salvezza come compiuta: il suo risultato è l'unione del cielo con la terra. Secondo il famoso detto dei Padri: «Il Verbo di Dio si fece uomo, affinché l'uomo diventasse divino» [33] .

Questa “sacra inversione” è il tema dell'icona. Cristo, Dio-Uomo, volando in cielo, è circondato dal cerchio delle sfere. Al contrario due angeli, nei vestiti bianchi, spirituali, stanno sulla terra ai due lati della Madre di Dio, in mezzo agli apostoli. La presenza dei due angeli sulla terra è motivata da padre Evdokimov con il testo di 2 Cor 13,1: «Ogni cosa si decide sulla deposizione di due testimoni» e la loro testimonianza è certa [34] . L'argomentazione sembra forzata se si vuole documentarla con il solo testo paolino, ma diventa giustissima considerando la tradizione iconografica. Già sui sarcofagi paleocristiani, nella rappresentazione della Natività, ci sono due pastori, due uomini, per testimoniare la vera venuta del Logos divino sulla terra. Sull'icona dell'Ascensione due testimoni angelici, celesti, assicurano il ritorno di Cristo nella gloria del Padre.

Ma gli angeli sulla terra testimoniano anche un'altra cosa: la venuta del cielo sulla terra, la nascita della Chiesa. Sotto il segno della benedizione di Cristo, gli apostoli assumono la loro funzione ecclesiale. I loro vestiti, ricchi di colori, formano insieme “la veste variopinta” della Sposa di Cristo. Vi domina il verde della terra, il rosso della grazia dello Spirito e l'oro della gloria celeste. Sono divisi in due gruppi. Quelli della parte sinistra e in movimento sono sotto la guida di San Pietro; al contrario, quelli a destra con San Paolo in testa, sono raffigurati in una pace imperturbabile. La Chiesa è attiva e contemplativa.

Ma in mezzo a loro sta la Madre di Dio, fra i cherubini, «più pura dei cherubini e più grande dei serafini» [35], figura della Chiesa nella sua integrità, figura della Madre che genera figli di Dio. Essa occupa il posto centrale, come la santità della Chiesa di fronte al mondo, il centro dove convergono il cielo e la terra. La semplicità della veste della Theotókos contrasta con la ricchezza delle vesti degli apostoli. La santità della Chiesa è umile. La sua grazia e la leggerezza quasi trasparente è come l'anima della fisicità dei corpi degli apostoli; le colonne, rappresentano il potere gerarchico, sacro. Eppure è da essa che Pietro, con un gesto docile della mano, aspetta la sua ispirazione e Paolo la contempla con muto stupore. Sotto a Cristo, che è il centro benedicente dall'alto, essa è un centro “orante” in terra.

I Padri descrivono la Chiesa come l'unità dello Spirito, come l'umanità divinizzata.

Essa non è ancora arrivata alla sua perfezione finale, ma l'invoca incessantemente. La Chiesa è quindi una epiclesis , una invocazione e una attesa. Ogni preghiera è la partecipazione all'orazione di Cristo. La preghiera della Chiesa partecipa alla Sua epiclesi pentecostale: «Io pregherò il Padre mio che vi darà un altro Consolatore perché resti con voi sempre» ( Gv 14,16). La preghiera celeste di Cristo per la Chiesa si esprime o nella forma biblica della benedizione, mezzo per tramandare la vita e le promesse dell'Alleanza, o nella forma del gesto imperiale di una mano protesa, come di chi manifesta il suo mandato. Nella parte superiore dell'icona questo avvenimento è il centro della composizione.

L'orante Theotókos sulla terra, con gesto quasi enigmatico delle mani, è nell'atteggiamento di chi prega e insieme riceve in abbondanza, che attende e insieme regala. I suoi piedi si posano sul suolo duro e roccioso. Eppure essa sembra toccarlo leggermente, senza dolore. Accanto a Lei e fra gli apostoli, dalla stessa roccia, crescono gli alberi d'olivo. Ma le loro chiome superano i confini della terra e portano frutti nella parte superiore del quadro, nel cielo. Sono simbolo delle opere buone, nate dalla durezza della terra e della fecondità dello Spirito. E così tutto il visibile si trasforma nella “visione dell'invisibile”.

Maria e il cristiano individuale

Non solo la Chiesa intera, ma ogni uomo è prolungamento di Cristo nella storia. È immagine di Cristo, Cristo vive in Lui. Deve, quindi anche sotto quest'aspetto apparire il mistero mariano. La spiritualità dei Padri si può dire antropologica. Dal fatto che Dio è nato come uomo, da una Donna, segue la conseguenza che la perfetta rivelazione di Dio si deve cercare nell'uomo. I greci, si dice [36] , cercavano Dio nel cosmo, gli ebrei nella storia del loro popolo. Il pensiero dei Padri s'ispira volentieri alla parola scolpita sul tempio delfico: «Conosci te stesso!» Basilio, desiderando sostituirla con un testo biblico, scrive una omelia sul «Fa attenzione a te stesso» ( Dt 15,9) [37] .

«Esiste una antropologia cristiana, scrive V. Losskij [38] , nei Padri dei primi otto secoli, e anche più tardi a Bisanzio o nell'Occidente... Il pensiero teologico è fondato sulla rivelazione di un Dio personale che creò l'uomo secondo la sua immagine e somiglianza». Questa conoscenza di se stesso può essere considerata da diversi punti di vista. Già Filone di Alessandria insiste sul fatto che la conoscenza di sé deve essere morale, cioè con lo scopo di migliorare la propria vita, e nello stesso tempo anagogica, cioè partire dalla conoscenza di sé per arrivare alla conoscenza di Dio [39] . Nella tradizione patristica incontriamo ambedue gli aspetti bene sottolineati, e ambedue possono essere considerati nel contesto mariologico.

La conoscenza di sé morale si occupa quindi della questione di che cosa un uomo possa diventare, a che altezza si possa elevare. La risposta dei Padri è unanime: divenire immagine e somiglianza di Dio. Quando poi si doveva specificare di più in che cosa questa immagine consiste, secondo i Padri detti alessandrini, a differenza degli antiocheni, la sede dell'immagine è nella mente (il noûs ). Quindi la nota primaria della perfezione è la contemplazione [40] .

In questo contesto anche la Madonna serve soprattutto come esempio di contemplazione. Libri di devozione, diffusi in Occidente, non raramente presentano la Madonna anche come esempio delle opere esteriori, ad esempio accorre da Elisabetta, spinta dall'amore caritativo del servizio per il prossimo, subito dopo aver ricevuto lo Spirito Santo [41] . Per i Padri greci la Madre di Dio è l'esempio sublime della contemplazione. Si poteva facilmente applicare alla Madonna ciò che San Basilio dice come principio generale: l'uomo, contemplando Dio, lo fa presente in questo mondo, «per mezzo di un continuo ricordo abbiamo Dio presente dentro di noi» [42] . L'unione della mente con Dio, che nel caso di Maria fu perfettissima, fu già in se stessa una specie di “incarnazione, incorporazione” di Dio nel mondo, prima che avvenisse la nascita di Cristo nella carne. Maria mente concepit prius quam ventre, dicono anche gli autori latini [43] .

Chi tiene presente questo insegnamento, come non potrebbe vederlo eloquentemente illustrato sull'icona chiamata dai Russi Znamenie , “segno”, “miracolo”, la Madonna orante, con le braccia distese, con un disco sul petto contenente il Logos di Dio?

Nel contesto contemplativo viene dai Padri anche illustrato il privilegio mariano della perpetua verginità. Essa è il ritorno alle relazioni puramente spirituali, la parrhesia , libero accesso a Dio, «il senso interno costantemente legato a Dio» [44] .

La purezza della Vergine come condizione per partecipare ai misteri divini è festeggiata con entusiasmo già da Origene [45] e in seguito da tanti altri. La venuta dello Spirito Santo come illuminazione viene enunciata spesso nelle poesie e nelle orazioni del siriano Giacomo di Sarug (sec. VI): lo Spirito adombrò Maria per purificarla, santificarla, illuminarla [46] . Il tema della contemplazione ricorre frequentemente nei testi della festa, celebrata nei monasteri con grande splendore: la presentazione della Madonna al tempio, il 21 novembre. La ricchezza dei termini e le allusioni simboliche sono comprensibili solo a chi è pratico delle letture spirituali riguardanti la preghiera interiore. Il tempio, abitazione di Dio, allude ai passi mistici per arrivare al “luogo di Dio” nella preghiera suprema [47] . Un esplicito invito a seguire la Madonna nella contemplazione, si legge fin dai primi canti del mattino: «Varcate le porte del tempio di Dio, la porta gloriosa, inaccessibile ai ragionamenti ci invita ora ad entrare, per vivere nelle delizie delle meraviglie divine, di cui essa stessa gode» [48] .

La Madonna quindi contempla, ma Essa è anche oggetto di contemplazione. E con ciò arriviamo al secondo aspetto della conoscenza di sé, cioè quella “anagogica”. Una tale conoscenza, scrive Basilio, «ti porterà al ricordo di Dio» [49] . «Questo è ciò che dice il Profeta: “Meravigliosa è la conoscenza che ho acquistato da me stesso” ( Sal 138,6), cioè conoscendo me stesso ho imparato l'infinita saggezza che è in Te» [50] . Dalla conoscenza dell'uomo, scrive Gregorio Nazianzeno, «la strada è diretta per raggiungere la bellezza del primo Modello» [51] .

Da questo primo presupposto segue però immediatamente una conclusione. La conoscenza di Dio cresce nella perfezione secondo il grado della rassomiglianza umana con Lui, secondo la misura della theopoíesis , divinizzazione, il chiarore dell'immagine. Il primo posto in queste considerazioni fu evidentemente riservato all'umanità del Salvatore, Verbo Incarnato, Dio-uomo. Ma quando apparvero i primi trattati pratici sulla perfezione cristiana, si portò subito anche l'esempio dei santi, perché nei loro tratti si può scoprire più facilmente a quale altezza possa arrivare la natura umana, procedendo «dall'immagine alla rassomiglianza di Dio» [52] .

Ne segue anche subito la conclusione mariologica. Poiché la Madonna è la più rassomigliante a Dio, Essa lo fa vedere nella Sua propria persona. Qui possiamo mettere tutti i testi, e sono numerosissimi, che celebrano la bellezza di Maria. Bello è ciò che fa vedere una realtà superiore di se stesso. Il più bello fra i figli degli uomini è Cristo: «Chi vede me, vede il Padre» ( Gv 14,9). Ma dopo l'umanità del Salvatore è la bellezza di Maria che incanta tanti poeti cristiani.

Maria e il mistero della donna

Come il primo Adamo è terrestre e il secondo celeste, così anche Eva è madre di tutti gli uomini per la vita terrestre, Maria per la vita celeste. Ciò ci offre molteplici elementi dottrinali per una elaborazione del mistero della donna. La dottrina patristica su Maria-Nuova Eva è importante non solo per la soteriologia, ma anche per l'antropologia cristiana.

Il concetto che si ha della donna è determinante anche sul campo teologico, particolarmente nell'interpretazione del mistero mariano. «Ogni epoca, scrive un teologo [53] , assimila la figura di Maria al proprio ideale cristiano della donna». Anche i pittori dipingono le immagini mariane secondo la stima che hanno per la bellezza femminile. Ma si può dire anche il contrario. Il cristiano stima le donne che incontra nella vita secondo l'ideale che vede realizzato in Maria.

In Maria la femminilità compare quale è nella mente di Dio creatore. Da Eva a Maria, essa ha percorso tutto il suo itinerario e in Maria ha insieme ricuperato e superato ciò che ha perduto in Eva.

Eppure, questo aspetto, nota padre Evdokimov, non è sufficientemente sviluppato nell'insegnamento dei Padri. Vi manca un giusto presupposto antropologico. L'immagine di Dio, come abbiamo detto, si colloca nella mente. Essendo questa proprietà dello spirito uguale per l'uomo e la donna, non sembrava necessario distinguere la spiritualità maschile da quella femminile. Difatti le antiche regole monastiche sono in fondo uguali per ambedue i sessi.

Questo tipo di “femminismo” patristico deve essere corretto, pensa Evdokimov, da due punti di vista, dogmatico e psicologico. La Theotókos, nella Sua Maternità , traduce sul piano umano il mistero trinitario: la paternità divina si traduce nella maternità umana, «Maria è l'icona misteriosa del Padre» [54] .

E dal punto di vista psicologico l'autore apprezza i grandi vantaggi che seguono dal fatto che si proponga come esempio sublime di perfezione umana una donna. Egli scrive queste note: «Il maschile, per l'astrazione dei concetti del suo ragionamento, scivola di continuo nello schematico..., si rivolta contro la materia, la carne, manifesta facilmente un disprezzo gnostico che lo introduce nelle forme deviate di un ascetismo inumano» [55] . L'ideale della perfezione femminile serve quindi come una correzione psicologica indispensabile, affinché la vita nuova portataci da Cristo, non degeneri in una “dottrina” schematica e affinché la santificazione del mondo non sia identificata con un “indottrinare” il popolo.

«Legata nella sua essenza stessa allo Spirito Santo Consolatore vivificante, la donna è Eva-Vita, che conserva, vivifica, protegge ogni particella della creazione maschile... Il maschio si esprime a livello degli atti che lo progettano fuori... La femmina si esprime a livello della struttura ontologica; non è una parola, ma l' essere , il seno della creazione. La Theotókos partorisce “il santo bambino”, dà la propria carne nella quale viene a posarsi il contenuto, la parola, la potenza, l'atto» [56] .

Le considerazioni di Evdokimov sono recenti, però il loro fondamento sono le antitesi antiche correlative: Adamo-Eva, Cristo-Maria. E dobbiamo accettare che sia forse la vocazione del nostro tempo quella di trarne le conclusioni antropologiche per rendersi meglio conto della vocazione della donna nella Chiesa [57]. (Padre Tomáš Špidlik s.J.)

 

NOTE

[1] Cfr T. Š pidlík , La spiritualità dell'Oriente cristiano. Manuale sistematico, Cinisello Balsamo 1995, p. 61 ss.

[2] M. Harl , Origène et la fonction révélatrice du Verbe Incarné, Parigi 1958, p. 290 ss.

[3] H. Crouzel , La mariologia di Origene, Milano 1968.

[4] J. Daniélou , Testamentum Futuri. Études sur les origines de la typologie biblique, Paris 1950, p. 21.

[5] S. Giustino Martire , Dialogo con Trifone 100 , PG 6, 709-712.

[6] L. Cignelli , Maria Nuova Eva nella Patristica greca , Assisi 1966, p. 32 ss.

[7] Cfr E. Stein , Regards sur la vocation de la femmes, in L'anneau d'or 6 (1954), p. 324 ss; J. Galot , La missione della donna nella Chiesa. La Civiltà Cattolica 1966, II, p. 18ss.

[8] Ep . 1, 190, PG 79, 153-156.

[9] Ivi, 1, 170, PG 79,149C.

[10] N.d.R.

[11] Ivi, 1, 171, PG 79,149C.

[12] Ivi, 1, 271, PG 79, 181C.

[13] Ivi, 1, 270, PG 79, 181B.

[14] Cfr 1 Cor 14, 34; 1 Tim 2, 12.

[15] Proclo, Oratio de nativitate 6, in Ch. Martin, Un florilège des homélies christologiques des IV et V siècles sur la Nativité. Le Muséon 54 (1941), p. 41.

[16] Ep. 1, 267, PG 79, 180D-181A.

[17] Ibidem .

[18] Epifanio , Panarion , 78, 18, 1-20, GCS Epiph. 3, pp. 468-470.

[19] G. Roschini , Dizionario di Mariologia , Roma 1961, p. 326.

[20] A. Caterino, Disput. pro Immacolata Concept., 3,14.

[21] S. Ambrogio Milanese , Il Lucam 2,17, CCL 14,39.

[22] J. Galot , La plus ancienne affirmation de la corrédemption mariale , in Recherches de Science Religieuse 45 (1957), 187-208.

[23] N. Cabasilas , Sermo in Dormitione Deiparae 11s., PO 19,507s.

[24] H. De Lubac , Meditazioni sulla Chiesa , Milano 1955, p. 370.

[25] Epifanio, op. cit., 78, 18, 1-3, GCS Epiph. 3, p. 468.

[26] Cfr L. Cignelli , op. cit. , p. 60 ss.

[27] Ep . 1, 266, PG 79, 180D.

[28] Ivi, 1, 258, PG 79, 177D.

[29] V. Losskij, A l'image et à la ressemblance de Dieu. Parigi 1967, p. 207.

[30] Ivi , p. 196.

[31] V. Lazarev , in URSS . Antiche icone russe, pubblicato dalla New York Graphic Society in collaborazione con l' Unesco , Parigi 1958, p. 27.

[32] Suor Maria (a cura di), Preghiere dell'Oriente cristiano , Brescia 1975, p. 62.

[33] Origene , Entretien avec Héraclite 7, SC 67 (1960), p. 70.

[34] P. Evdokimov , La teologia della bellezza, Roma 1971, p. 377.

[35] Parole del cantico liturgico.

[36] V. Monod , Dieu dans l'univers..., Parigi 1953.

[37] PG 31, 197s.

[38] V. Losskij , A l'image et à la ressemblance de Dieu , Parigi 1967, p. 109s.

[39] Cfr A. J. Festugière , La révélation d'Hermès Trismégiste , vol. II, Parigi 1949, p. 575 ss.

[40] T. Šspidlik, op. cit., p. 60 ss.

[41] Cfr M. Avancino , Vita e dottrina di N. Signor Gesù Cristo, Torino 1925, vol. I, p. 81 ss.

[42] S. Basilio , Hom. in Hex. 3, 10, PG 29, 77e; SC 26 (1950), p. 243.

[43] S. Agostino , Sermo 215, 4, PL 38, 1074.

[44] Diadoco di Fotica , Opere spirituali . SC 5 (1966), p. 84.

[45] H. Crouzel , op. cit. , Milano 1968, p. 38.

[46] C. Vona , La dottrina di Giacomo di Sarug sulla santità di Mariae, Eunt. Doc . 6 (1953), p. 39 ss.

[47] J. Lemaitre ( I. Hausherr ), Contemplation..., DS II, 2, col. 1837.

[48] E. Mercenier - G. Bainbridge , La prière du rite byzantin , II, Chevetogne 1953, p. 155.

[49] S. Basilio, Hom. in illud Attende 7, PG 31. 213d.

[50] S. Basilio , In Hex. 9, 6, PG 29, 294bc; SC 26 (1950), p. 513.

[51] S. Gregorio Nazianzeno, Carm . I, II, 31, v. 7, PG 37, 911.

[52] Cfr H. Crouzel , Théologie de l'image de Dieu chez Origène , Parigi 1956, pp. 217ss.

[53] H. Graef , Maria. Eine Geschichte der Lehre und Verehrung , Freiburg im Breisgau 1964, p. 54.

[54] P. Eudokimov, La femme et le salut du monde , Tournai-Parigi 1958, pp. 222ss.

[55] Ivi, p. 211 ss.

[56] Ibidem .

[57] T. Š pidlík , La pietà mariana nella Chiesa orientale , in E. Ancilli , Maria - mistero di grazia , Roma 1974, pp. 270-286; idem , Per una mariologia antropologica, in Marianum 41 (1979), pp. 491-506; idem , La devozione alla Madre di Dio nelle Chiese orientali in Scripta de Maria 4 (1981), pp. 123-157; idem , Maria e lo Spirito Santo nella Chiesa orientale , in Maria e lo Spirito Santo (Atti del 4 Simposio Mariologico internazionale, Roma, ottobre 1982), Bologna 1984, pp . 104-132; idem , Il culto di Maria nella Chiesa orientale e nella riforma , in I religiosi sulle orme di Maria , Città del Vat. 1987, pp. 141-159; idem , La “Theotokos” nella dottrina e nell'iconografia delle Chiese orientali , in Seminarium 38, n. s. 27 (1987), n. 4, pp. 541-549.

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

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